ASSEGNO DI MANTENIMENTO PER I FIGLI: AI FINI DELLA DETERMINAZIONE E’CORRETTO FARE RIFERIMENTO ALLA MEDIA REDDITUALE NETTA DEI REDDITI DELL’OBBLIGATO ED IN CASO DI INTROITI PROFESSIONALI TENERE IN CONSIDERAZIONE CHE SONO SUSCETTIBILI DI INCREMENTO
Con ordinanza n. 5449 del 25-02-2019, la Suprema Corte ha ribadito i criteri di quantificazione dell’assegno di mantenimento attribuendo chiaro rilievo al reddito netto dell’obbligato. I giudici di legittimità concordano in tal modo con la decisione della Corte territoriale che, nel confermare la misura dell’assegno di mantenimento per i figli minori, ha tenuto conto di alcuni fattori “nel perseguimento dell’interesse dei minori stessi”, primo fra tutti quello della media reddituale netta dell’obbligato, avvocato amministrativista, i cui introiti professionali sarebbero peraltro – a detta della Corte – suscettibili di incremento. Dovrà inoltre essere valutata l’eventuale sussistenza di un obbligo di mantenimento verso altri figli e occorrerà procedere con una comparazione dei redditi delle parti. Rimangono così immutati i principi che regolano la materia, richiamati anche dalla recente pronuncia della Suprema Corte, la n. 651 del 14-01-2019, secondo cui “La valutazione in ordine alle capacità economiche del coniuge obbligato ai fini del riconoscimento e della determinazione dell’assegno di mantenimento a favore dell’altro coniuge non può che essere operata sul reddito netto e non già su quello lordo”. Le ragioni della decisione si fondano sulla considerazione per cui, in costanza di matrimonio, la famiglia fa affidamento sul reddito netto producibile e non su quello lordo, soprattutto ai fini della valutazione di ogni possibilità di spesa. Solo in questo modo sarà dunque assicurata una effettiva comparazione delle condizioni economiche e reddituali delle parti che conduca ad una corretta quantificazione dell’assegno di mantenimento a favore del coniuge beneficiario, soprattutto qualora si consideri che il reddito che un lavoratore autonomo dichiara all’Agenzia delle Entrate è sempre quello lordo, a cui va ancora applicata l’aliquota Irpef, mentre il lavoratore dipendente, che subisce una trattenuta alla fonte, depositerà in Tribunale delle buste paga con un importo relativamente più basso perchè già al netto delle tasse.